Pallavolo e Nutrienti, i Carboidrati 2° parte

Pallavolo e Nutrienti, i Carboidrati 2° parte

Pallavolo e Nutrienti,
i Carboidrati 2° parte

La velocità con cui un determinato alimento (contenente carboidrati) è in grado di innalzare la glicemia è  definito dall’INDICE GLICEMICO, un valore numerico attribuito a ciascun alimento basato su una scala in cui il glucosio ha un valore massimo di 100. Gli alimenti con un indice alto vengono digeriti più velocemente e fanno sentire prima il senso di fame, quelli con indice più basso vengono digeriti più lentamente e danno maggior senso di sazietà.  Quando un alimento innalza velocemente la glicemia l’organismo produce una eccessiva quantità di insulina che può provocare la cosiddetta ipoglicemia secondaria, condizione in cui il glucosio nel sangue si abbassa troppo e provoca oltre ad una  serie di disturbi fisici (debolezza, tremori…) anche un incremento del senso di fame con ricerca soprattutto di carboidrati.

Altre problematiche legate ad un’alimentazione ad alto indice glicemico sono rappresentate dal fatto che l’organismo in questo modo si abitua ad utilizzare preferenzialmente gli zuccheri al posto dei grassi e la stessa trasformazione dello zucchero in grassi tende ad aumentare, ciò porta ad una inevitabile conseguenza: l’aumento della massa grassa, inoltre anche lo stress ossidativo tende ad aumentare e nel tempo si crea un sovraccarico di lavoro per il pancreas che potrebbe in seguito causare insulinoresistenza e nei casi più gravi addirittura la comparsa del diabete.

La risposta del nostro organismo ad un determinato alimento non può comunque essere basato solo sul concetto dell’indice glicemico  in quanto altri fattori incidono sull’innalzamento del glucosio presente nel sangue  e  vanno tenuti nella dovuta considerazione per evitare di eliminare arbitrariamente molti alimenti preziosi dalla nostra dieta.

Primo fra tutti il CARICO GLICEMICO cioè il rapporto dell’indice glicemico di un alimento con la sua porzione media: la quantità di cibo che consumiamo è fondamentale!

Inoltre alcuni aspetti qualitativi dell’alimento possono incidere sulla sua capacità di innalzare la glicemia:

  • Grado di maturazione di frutta e verdura (maggiore è il grado di maturazione più alta sarà l’incidenza sulla glicemia)
  • Tipologia di zuccheri presenti (amidi, fruttosio, glucosio…),
  • Raffinazione e processamento del carboidrato (maggiore è la raffinazione, più alto sarà l’indice glicemico)
  • Presenza di fibra, proteine, grassi nello stesso pasto (la presenza di questi nutrienti diminuisce l’indice glicemico dell’ alimento)
  • Temperatura e tempo di cottura (per fare un esempio: la pasta consumata al dente incide meno sulla glicemia rispetto a quella cotta troppo a lungo)

Da quanto detto finora un logica conclusione è dunque mantenere una dieta che sia a basso indice glicemico ovvero seguire un’ alimentazione che tenga conto, non solo del valore glicemico tabulato dell’alimento, ma anche di tutti quei fattori che portano il pasto completo a realizzare una condizione che tenda ad avere i livelli più bassi possibile di glucosio nel sangue.

 

Alcune regole base per cercare di seguire una dieta a basso indice glicemico possono essere:

  1. preferire principalmente carboidrati di tipo integrale (più ricchi di fibre) evitando prodotti raffinati;
  2. utilizzare preferenzialmente carboidrati complessi di qualità (cereali integrali, legumi, patate ecc) e ridurre il consumo di dolci, snack, merendine;
  3. consumare prodotti alimentari il più possibile naturali, freschi, non lavorati, non trattati, senza conservanti;
  4. abbinare l’ alimento ricco in carboidrati ad altri ricchi in grassi, proteine o fibre ad ogni pasto, in modo da limitarne la porzione e ridurre il picco di insulina;
  5. non escludere arbitrariamente alimenti solo sulla base del loro indice glicemico;
  6. variare il più possibile le fonti glucidiche per evitare la monotonia nella dieta (non solo pasta o pane di frumento, ma anche orzo, farro, riso integrale, grano saraceno, miglio, quinoa…).

By Marinella Stagno

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PREPARAZIONE FISICA: LA SALA PESI

PREPARAZIONE FISICA: LA SALA PESI

Preparazione fisica:

il lavoro in sala pesi

Bilancieri, manubri, macchine… strumenti che hanno un rapporto di amore-odio con il pallavolista, che a seconda dei casi può appassionarsi alla “ghisa” o evitarla come la peste. Ma a dispetto delle singole inclinazioni, il lavoro coi sovraccarichi costituisce a mio parere una pratica indispensabile allo sportivo che voglia migliorare le proprie prestazioni in campo e, cosa ancora più importante, prevenire fastidi ed infortuni nel corso della stagione. In questa breve disamina analizzeremo le varie espressioni di forza nella pallavolo e come allenarle, quelle che sono considerate a mio parere le metodologie migliori e gli esercizi suggeriti, la loro applicazione pratica e come questa a volte debba fare i conti realtà che possono impedirne uno svolgimento ad arte.

 

LE VARIE ESPRESSIONI DI FORZA E LA PALLAVOLO

Alla base di ogni espressione di forza troviamo quella definita come MASSIMA, dalla quale dipendono tutte le altre. Essa rappresenta la forza più elevata che il sistema neuro-muscolare riesce ad esercitare in una contrazione volontaria e si traduce nel carico più elevato sollevabile in una ripetizione. Tradotto sul campo da gara, consente a tutta la struttura di assorbire gli impatti eccentrici (ad esempio quando atterriamo dopo un salto) e preserva le strutture tendinee e articolari da tensioni troppo elevate.

Da essa dipende la forza ESPLOSIVA, cioè la capacità del sistema neuro muscolare di superare resistenze con elevate velocità di contrazione e che in soldoni consente al giocatore di esprimere accelerazioni e salti decisivi per la prestazione ottimale.

Un ulteriore tipologia di forza è detta RESISTENTE, ed è definita come la capacità dell’organismo di resistere ad un carico di lavoro protratto nel tempo, ma per sua natura trova minori applicazioni nel volley piuttosto che in sport nei quali le azioni si protraggono più a lungo nel tempo (es. calcio).

Ma quale metodologia di lavoro adottare per allenarle e quali esercizi scegliere? 

Se parliamo di gestione di carichi il discorso è abbastanza semplice: la fisiologia ci dice infatti che per allenare le strutture adibite all’espressione di forza massima dobbiamo lavorare con basse ripetizioni ( meno di 6)  e carichi alti, mentre per stimolare la forza esplosiva dobbiamo eseguire un numero medio-basso di ripetizioni (meno di 10) con carichi sub-massimali (fino al 50%) e alla massima velocità.

La questione si complica quando arriva il momento di selezionare gli esercizi da somministrare all’atleta, poiché la loro scelta non è dettata solamente dai principi che il preparatore atletico intende seguire, ma anche dalla disponibilità di attrezzatura e dalle vedute dell’allenatore (il quale ad esempio potrebbe rinunciare ad un programma più impegnativo a fronte di uno più semplice ma con minori incognite).
Ad oggi  la teoria dell’allenamento nella pallavolo ci dice che dobbiamo allenare i movimenti piuttosto che i muscoli (e qui sta una prima e importante precisazione che si distacca da quella metodologia “old school” che prevedeva sedute simili al bodybuilding) , utilizzare carichi liberi (che a differenza delle macchine migliorano la coordinazione intermuscolare  e la stabilità), scegliere esercizi multiarticolari (ossia reclutare più muscoli con un unico movimento) ed eseguire il movimento in velocità pur rispettandone la corretta esecuzione.

GLI ESERCIZI IN SALA PESI

Diritti al punto: quali sono gli esercizi che non possono mancare nell’arsenale del pallavolista? A mio parere lo squat, lo stacco da terra, gli esercizi monopodalici, gli esercizi di spinta quali ad esempio la panca piana e il lento avanti, di trazione come i pull ups o il rematore bilanciere.

Personalmente trovo che grande giovamento si potrebbe trarre dall’introduzione di movimenti mutuati dalla pesistica olimpionica, come lo strappo e lo slancio, poiché il principio su cui lavorano è l’apertura d’anca e l’esplosività del gesto, guarda caso esattamente gli elementi fondamentali per una buona elevazione e quindi rendimento sotto rete. Purtroppo essi sono tanto efficaci quanto complessi nell’apprendimento, quindi spesso gli allenatori preferiscono tralasciarli per evitare intoppi con quello che è il lavoro sul campo da gioco.

Il lavoro che svolgo con la Lardini Volley (fresca di promozione in A1 e vincitrice della Coppa Italia nella foto sopra) in concerto con il coach, , a grandi linee è il seguente:

  • esercizi principali per gli arti inferiori che prevedono accosciate e affondi su instabilità seguiti da squat e affondi dietro con bilanciere
  • esercizi principali per gli arti superiori quali panca piana, spinte manubri, rematore, pullover e lat machine
  • esercizi complementari per il “core” che prevedono tutte le possibili varianti di crunch e lavoro per l’addome.

By Antonio Ortenzi

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